Nella nostra vita le relazioni sono una parte fondamentale ed è un nostro compito renderle nutrienti e non tossiche. Dentro di noi c’è un vero e proprio mondo, popolato di parti di noi (parti del sé) che hanno bisogni, esigenze, pensieri e comportamenti diversi e quindi le prime relazioni da curare sono quelle interne.
L’uomo, infatti, non si nutre solo di cibo, acqua, aria ma anche di relazioni ……in primis quella con noi stessi e per costruire relazioni nutrienti è necessario imparare a conoscere e ad esprimere i propri bisogni.
Nel dizionario Treccani il significato di nutrire è: “fornire a un organismo vivente (uomo, animale, pianta) gli alimenti e in genere le sostanze necessarie per consentirgli la vita, cioè la crescita, lo sviluppo e le funzioni e attività sue proprie”.
Per nutrirsi nelle relazioni bisogna partire da sé stessi. Alcune situazioni della vita ci possono far scoprire di avere dei lati, delle reazioni, delle parti di noi che fino a quel momento non sapevamo di avere. Una reazione di rabbia o gioia inaspettata, una gelosia improvvisa, un desiderio nuovo ci possono dire che non ci conosciamo fino in fondo.
Se si riesce ad avere una buona e nutriente relazione con se stessi, allora si è in grado di nutrire e nutrirsi anche nella relazione con l’altro: ossia aprirsi, riuscire a creare una buona intesa, una buona sintonia con gli altri. Migliorare la relazione con se stessi e con gli altri permette di sperimentare benessere.
Scegliere di aprirsi davvero all’altro con un atteggiamento accogliente, positivo ed empatico significa riconoscere, lasciar andare o mettere da parte i propri bisogni di accettazione e riconoscimento per andare incontro all’altro. L’apertura all’altro e lo scambio tra chiedere/rispondere, tra dare/ricevere tra grazie/prego, tra una condivisione ed un’accoglienza sono la vera ricchezza e il vero nutrimento della vita.
La vita è relazione, ognuno è libero di scegliere che valori vivere e che qualità ed importanza dare alla propria vita per la propria crescita personale.
Prendersi cura di se stessi tuttavia sia dal punto di vista psicologico che fisico significa migliorare la relazione con se stessi e con gli altri e questo permette di sperimentare benessere psico/fisico.
Scelta del logo
Come logo ho scelto l’immagine di un albero: con radici, un tronco rappresentato da una madre con il proprio figlio e una chioma folta di foglie.
L’albero costituisce un’immagine di collegamento tra la terra e il cielo, tra il mondo materiale e quello spirituale, tra la parte cosciente e quella inconsapevole.
Le radici raffigurano il legame con le origini e con gli istinti. Il suolo costituisce il mondo circostante. La chioma fatta di numerose foglie rappresenta una vita che dovrebbe essere intensa e ricca. Essere come la vita di un albero, significa cogliere il ciclo della vita: i frutti nutrono la nostra Terra che a sua volta ci fornisce le sostanze nutritive per essere rigogliosi. L’albero è il simbolo della possibilità di diventare generatori e a propria volta essere generati.
Tutti noi siamo come degli alberi: l’immagine di connessione tra il suolo e il cielo è la raffigurazione del processo di crescita e di evoluzione.
L’albero è radicato sia nella parte inferiore che in quella superiore: da una parte affonda la sua chioma nel cielo e dall’altra le radici nella terra Madre. È la connessione continua tra il mondo della coscienza (i rami) e quello inconscio (le radici – di cui conosciamo l’esistenza, ma non le vediamo).
La scelta del tronco raffigurato da una madre con il proprio figlio deriva dal fatto che la prima esperienza che facciamo di soddisfacimento di un bisogno (la fame) avviene all’interno della relazione con la propria madre che prendendosi cura di noi ci offre non solo cibo, ma anche cure e amore.
Da piccoli la conoscenza del mondo avviene attraverso i nostri sensi e nei primi anni di vita il canale preferenziale è la bocca. Questo ci dimostra che sin dalla nascita vi è una stretta relazione tra dimensione nutritiva e dimensione affettiva, tale da rendere l’alimentazione un canale privilegiato in cui il bambino può esprimere se stesso. Il primo atto nutritivo avviene all’interno di una relazione affettiva (dovrebbe essere un incontro con l’amore della madre), dove insieme al latte materno, il neonato sperimenta l’accoglienza o il rifiuto, le attenzioni, le emozioni connesse con il suo arrivo. Gli odori, il calore del corpo, l’abbraccio, lo sguardo, la voce e le parole della madre nutrono il cuore e rispondono al bisogno del bambino di essere desiderato, accolto, riconosciuto, rassicurato. Nelle prime fasi di nutrimento del bambino, gli sguardi, il contatto, gli scambi relazionali diventano veicolo di significati: quando le mamme nutrono i figli, infatti, passano loro molto più del cibo; trasmettono loro anche quello che è il loro rapporto con il cibo e con il proprio corpo, quello che è il loro modo di ricevere, di rifiutare, di accogliere. Il contatto fisico, le coccole e la gratificazione che il bambino riceve mentre viene alimentato gettano le basi del rapporto tra emozioni, nutrimenti e cibo.
Mano a mano che i bambini crescono, la madre e le altre figure di riferimento possono inconsapevolmente trasmettere messaggi impliciti, in cui il cibo diventa simbolo di unione familiare, piacere della relazione, ricerca di socializzazione oppure può diventare una strategia di ricatto o un di gioco di potere da parte del genitore e per il bambino uno strumento di contrapposizione agli adulti.
Il bambino si nutre con la bocca e grazie a lei conosce il mondo: mangiare o rifiutare il cibo implica anche accettare o rifiutare qualcosa che viene dall’esterno…. dall’altro.
Come delle sane radici forniscono all’albero i corretti nutrimenti e la giusta solidità per creare/sorreggere una folta chioma, così per una sana evoluzione e sviluppo del bambino, è fondamentale poter sperimentare una relazione stabile con un adulto disponibile, protettivo, accogliente ed affettuoso. Il poter contare su un contesto relazionale responsivo e sensibile, su una base sicura, farà del piccolo una persona adulta capace di legami forti e profondi e anche in grado di essere una persona autonoma, sicura di sé, capace di esplorare l’ambiente, individuarsi in maniera sana. Nell’età evolutiva l’attaccamento permea tutto lo sviluppo psichico; non dipende solo dall’essere nutrito, ma è basato soprattutto sulla ricerca innata del calore emotivo: un buon attaccamento consente di legarsi e di separarsi, di affidarsi agli altri e di contare su di sé.
Il bambino si costruisce un modello interno di sé stesso in base a come ci si è preso cura di lui.
Bowlby J.,1989
Le relazioni di attaccamento nell’infanzia costituiscono il prototipo di tutte le relazioni d’amore che il soggetto instaurerà nel corso della sua vita
Bowlby, 1969
Il nostro modo di relazionarci con gli altri dipende dalla modalità appresa nel corso dell’infanzia: i vissuti degli attaccamenti e delle separazioni della prima infanzia ci sensibilizzano infatti rispetto alle successive esperienze analoghe, alle quali risponderemo, anche da adulti, con la stessa intensità, passione, tenerezza, disperazione, rabbia o impotenza del bambino che siamo stati. Tendenzialmente tenderemo a trasferire in ogni esperienza le ferite, in caso di attaccamento insicuro, la fiducia in caso di attaccamento sicuro. Alcune delle caratteristiche che contraddistinguono una coppia ad esempio (gioia, vicinanza, gelosia, freddezza, distacco, simbiosi, sicurezza ecc.) sono in qualche modo una riedizione di dinamiche relazionali interiorizzate nell’infanzia.
Per questa ragione per nutrire concretamente ed affettivamente i nostri figli, la possibilità migliore che abbiamo è quella di lavorare su noi stessi per essere consapevoli di cosa ci spinga ad agire in un certo modo. Anche la sfida, la lotta del bambino con i genitori – per esempio – serve a confrontarsi con il mondo per poter fare esperienza di sé; così come la rabbia manifestata può divenire uno strumento emotivo che consente di sviluppare il senso e la padronanza di sé. Il faticoso compito di genitori in particolare e di altri caregiver in generale è anche quello di definire una direzione e di mettere dei limiti, agendo non per reazione ma per scelta. E’ importante quindi imparare a prendersi del tempo per disinnescare risposte istintive e dare invece spazio a scelte del nostro comportamento. Ogni situazione in cui i genitori si sentono in difficoltà può diventare occasione per riflettere e trovare approcci diversi, per osservare il percorso di crescita dei bambini. Può divenire opportunità di crescita per ciascuno.
Lo psicoterapeuta e altri operatori delle relazioni d’aiuto potranno guidare ciascuno (l’albero) nella comprensione della propria storia e nella scelta di quali rami della sua chioma e quali radici sono da lasciar seccare per permettere alle radici ed ai rami sani di rinvigorirsi e dare frutto.
Nello “studio nutri Menti” troverai degli operatori disponibili ad instaurare “relazioni nutrienti”, che ti consentiranno di conoscerti meglio e di trovare/ritrovare quell’equilibrio psico-fisico che ti permetterà di lasciar il passato al passato e aprirti al presente e al futuro e alle relazioni in modo equilibrato ed armonioso.