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Negli ultimi anni le neuroscienze hanno parlato di “neuroplasticità” del cervello (o plasticità cerebrale), ossia della capacità del cervello di modificare la propria struttura nel corso del tempo in risposta all’esperienza.
È un processo estremamente importante: definisce il nostro sviluppo cognitivo e forma le nostre diverse personalità.
Il concetto di plasticità cerebrale è allo stesso tempo:
1. semplice da capire: riusciamo ad immaginarci senza problemi il fatto che il cervello non sia mai uguale, ma che si adatti alle circostanze e all’apprendimento
2. incredibilmente complesso: come e perché cambia sono aspetti decisamente più complicati.
Secondo le neuroscienze, il cervello cambia continuamente per tutto il corso della vita, plasmato dalle esperienze belle e brutte che si fanno. Per questa ragione due psicoterapeuti americani – Daniel J. Siegel e Tina Paine Bryson – nel libro “12 strategie rivoluzionarie per favorire lo sviluppo mentale del bambino” (2012, Raffaello Cortina editore) sostengono che i genitori con il loro comportamento di ogni giorno possono favorire esperienze in grado di favorire uno sviluppo equilibrato delle diverse parti del cervello dei loro figli. Siegel e Bryson sostengono sia importante “ascoltare molto il proprio bambino, favorire al 2 massimo il dialogo, non dimenticarsi mai di coccolarlo e rispettarlo, ossia non mostrarsi mai superiori rispetto alle sue emozioni”.
Questi terapeuti suggeriscono 12 strategie per favorire lo sviluppo mentale del bambino che qui provo a riassumere:
1. Prima strategia: Sei arrabbiato? Lo capisco! Però questo non si fa
… Quando il bambino è sopraffatto da emozioni intense (es. arrabbiato o agitato) è importante che l’adulto cerchi innanzitutto di comprendere le sue emozioni e solo successivamente, quando il bambino è più recettivo, di passare alla spiegazione razionale. E’ di fondamentale importanza aiutare il bambino a conoscere le emozioni il prima possibile, facendo da “specchio” ai suoi stati d’animo. Bisogna aiutarlo a capire che è capito, magari con un abbraccio o un’espressione piena di comprensione (es. sei deluso vero?). Dopo essere entrati in sintonia con il bambino si può definire il limite (per es. per favore cerca di stare calmo; i morsi fanno male; non si picchia) e concentrarsi su una alternativa appropriata od occuparsi di altro (per es. “Ecco il tuo orsacchiotto. E’ da tanto che non lo vedevo”). Quando il bambino sarà più grande il genitore può cercare insieme una soluzione, evitando tuttavia sempre gli atteggiamenti di superiorità.
2. Seconda strategia: ti sei fatto male vero?
Quando esplodono emozioni intense e incontrollabili, è bene aiutare il bambino a raccontare che cosa lo fa stare male. In tal modo dovrà rendere razionale la sua esperienza, sentendosi maggiormente in controllo. E’ importante insegnare sin dall’inizio al bambino a riconoscere l’emozione che prova, dandole un nome: “Ti sei fatto male vero? Oppure sembri così triste”. Poi è bene raccontare l’accaduto con le parole e nello stesso tempo mimando la scena, se possibile con un po’ di umorismo. Il bambino ne rimarrà affascinato. Può essere utile fare un libretto o un album con disegni e foto per raccontare una esperienza, oppure per preparare il bambino a una transizione, come un nuovo “rituale del sonno” oppure l’ingresso alla scuola materna. La narrazione del trauma (sia grande che piccolo) fino ai 6 anni è a carico del genitore; dai 6 ai 9 anni il bambino è in grado di impadronirsi della narrazione diretta: lo si può tuttavia aiutare con domande dirette. Dopo i 9 anni è bene lasciare che sia lui a descrivere l’accaduto con i suoi ritmi. Non si possono obbligare i bambini a raccontare e quindi se il bambino non vuole parlare di qualcosa con voi suggerite di raccontare l’accaduto nel suo diario o aiutatelo a trovare qualcuno con cui parlerebbe volentieri.
3. Terza Strategia: il no solo quando serve davvero
Usare troppo spesso “no, no, no …” si rivela particolarmente inefficace, soprattutto con bambini di 2-3 anni. E’ bene dire NO solo quando ce n’è davvero bisogno. Piuttosto che dire troppi no o vietare qualcosa è più utile provare un’alternativa: “che ne dici se andiamo a fare un giro fuori” Quando il bambino cresce una domanda efficace per evitare prove di forza potrebbe essere: “hai qualche idea su come potremmo entrambi avere ciò che vogliamo?” Tra i 6 e i 9 anni è importante spiegare ai bambini le motivazioni, sollecitare domande e soluzioni alternative. Dai 9 anni in poi si entra nella fase più difficile: pur mantenendo l’autorità è utile esaminare, per quanto possibile, delle alternative e negoziare con il bambino regole e disciplina.
4. Quarta strategia: allenate la sua parte razionale del cervello
E’ importante fornire al bambino opportunità per esercitare la parte del cervello che consente di riflettere sulle proprie azioni, affinché possa rafforzarsi e sappia mettersi in contatto con le parti del cervello collegate all’istinto, alle reazioni viscerali e alla sopravvivenza, e con il corpo. Per far ciò è importante – ogni volta che è possibile – cercare di far prendere al bambino decisioni autonome, dalle scelte del cibo o dei vestiti a ipotetiche situazioni di “cosa faresti in questa situazione?” Man mano il bimbo cresce – nelle situazioni in cui non corre rischi – è importante astenersi dal risolvergli i problemi e dall’accorrere sempre in suo soccorso. Man mano che il cervello del bambino si sviluppa, le situazioni ipotetiche diventano sempre più occasioni di divertimento.
5. Quinta strategia: è arrabbiato?
Fatelo muovere Un modo efficace per aiutare il bambino a ritrovare l’equilibrio è fargli fare del movimento. Quando il bambino è sopraffatto da emozioni intense, dopo avergli dimostrato di comprendere il suo stato d’animo, è utile trovare una scusa per farlo muovere. Es. giocate a fare la lotta, fate la gara a chi arriva per primo in un determinato posto. Man mano il bambino diventa più grande, si può spiegare chiaramente che fare movimento può essere d’aiuto per cambiare umore e modificare uno stato d’animo. Anche concedersi una piccola pausa per sgranchirsi un po’ le gambe e le braccia può essere d’aiuto.
6. Sesta strategia: fategli usare il telecomando della mente
Il ‘telecomando della mente’ aiuta il bambino a raccontare un’esperienza che lo ha fatto soffrire perché gli consente, durante la narrazione, di fare delle pause, tornare indietro o avanzare velocemente a punti della storia meno angoscianti, lasciandogli quindi il controllo su quanto vuole “rivedere”. Anche se ci si 4 annoia a riascoltare o raccontare la storia all’infinito, è bene ricordare che la narrazione favorisce la comprensione e il superamento dei traumi, piccoli o grandi che siano. Man mano crescono i bambini hanno sempre meno voglia di raccontare esperienze negative e quindi servirà maggior tatto e incoraggiamento. Nella fase della preadolescenza si potrà spiegare al bambino che pur con la possibilità di fermare la narrazione in qualunque punto e persino di avanzare velocemente per parti successive del racconto, tuttavia è necessario ripercorrere l’esperienza per intero comprese le parti più dolorose.
7. Settima strategia: allenate la memoria
E’ importante aiutare i bambini ad allenare la memoria, stimolandola spesso a ricordare esperienze vissute. Per i più bambini piccoli bastano domande semplici per ripercorrere all’indietro la giornata. Man mano cresce è importante aiutare il bambino a ricordare esperienze del passato perché possa meglio comprendere quello che gli accade nel presente.
8. Ottava strategia: lasciare scivolare via le nuvole dalle emozioni
E’ importante insegnare al bambino che le emozioni vanno e vengono: la paura, la frustrazione e il senso di solitudine non sono tratti permanenti, ma temporanei. Innanzitutto bisogna insegnare al bambino la differenza tra “sentirsi” e “essere”. Bisogna dimostrare ai bambini di saper riconoscere le sue emozioni attuali e di saperlo consolare; man mano cresce è bene aiutarlo a comprendere che non si sentirà triste per sempre, che presto si sentirà meglio; mentre per aiutare i più grandi ad avere una visione di più ampio respiro, bisogna domandargli come pensa che si sentirà dopo cinque minuti, cinque ore, cinque giorni, cinque mesi e cinque anni.
9. Nona strategia: alla scoperta di quello che abbiamo dentro, pensieri ed emozioni
E’ importante aiutare i bambini a prestare attenzione a sensazioni, pensieri, immagini ed emozioni presenti dentro di sè e a comprenderli. Per far ciò bisogna parlare con i bambini del loro mondo interiore; aiutarli a capire che possono prestare attenzione a ciò che avviene dentro la loro mente e il loro corpo e che se ne può parlare. Crescendo questa attenzione permetterà al bambino di esercitare un certo controllo su ciò che ha imparato a conoscere e che accade dentro di lui.
10. Decima strategia: insegnate la calma e la concentrazione
Anche i bambini più piccoli sono in grado di imparare a mettersi calmi e fare respiri profondi, seppur solo per qualche secondo. Per fare esercitare il bambino a dirigere l’attenzione in modo che possa modificare il proprio stato d’animo potete far leva sulla sua immaginazione: immagina di essere sulla spiaggia al sole… 5 Oppure si può chiedere al bambino di sdraiarsi a pancia in sù e mettersi una barchetta sul pancino. Bisogna insegnargli a fare dei respiri lenti e lunghi in modo da fare andare la barchetta su e giù. Anche pochissimo tempo farà capire al bambino come ci si sente quando si è calmi, tranquilli e sereni. Dopo i nove anni invece si può spiegare esplicitamente al bambino i benefici del rilassamento e della concentrazione e dimostrategli che è in grado di dirigere la propria attenzione su pensieri ed emozioni che lo facciano sentire felice e in pace.
11. Undicesima strategia: divertitevi in famiglia
E’ importante creare occasioni di divertimento in famiglia, affinché i bambini possano fare esperienze positive ed appaganti con le persone con cui trascorrono la maggior parte del loro tempo: è importante giocare insieme, ridere insieme, coccolarlo, andare al parco giochi assieme. Quando i bambini diventano più grandicelli non si deve sottovalutare l’importanza dei giochi di società per rafforzare i legami familiari; così come è d’aiuto cucinare insieme, scoprire insieme un parco divertimenti.
12. Dodicesima strategia: il litigio?
Un’opportunità E’ importante considerare il conflitto come un’opportunità per insegnare ai bambini abilità relazionali fondamentali, come qualcosa da risolvere e che spesso migliora una relazione, anziché ritenerlo un ostacolo da evitare: il conflitto non è qualcosa da evitare. E’ importante insegnare ai bambini l’importanza di condividere e di fare a turno fin da piccoli e man mano crescono è importante insegnare loro l’empatia e l’importanza di comprendere il punto di vista degli altri mostrandogli quali sono i segnali non verbali da considerare.